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domenica 15 febbraio 2009

Una prima osservazione sulla miscredenza: amnesie ed esclusioni

Premessa

Ho già espresso il pensiero seguente qui¹. Avendo ricevuto conforto sulla bontà di questa piccola riflessione compressa, ne faccio una pillola a mio uso e consumo, nel caso ne avessi bisogno per curare qualche malessere esistenziale. Chiedo preventivamente perdono nel caso in cui la lettura di questa pagina cagionasse a qualche vero filosofo cattivi sentimenti: sono solo un dilettante che si rivolge principalmente a sé stesso.

Pensiero

Tanta parte del materialismo contemporaneo nasce proprio dall’esclusione (comoda? rassicurante?) di tutto ciò che non è misurabile, ovvero l'estensione scientifica del classicamente sensibile. Va da sè che l’unica dottrina esistenziale compatibile con questo quadro è lo scientismo, magari peggiorato anche da gravi amnesie su questi fatti:
  • non abbiamo ancora capito completamente cosa sia la vita e come essa funzioni;
  • non abbiamo ancora capito come facciamo a scegliere…
Scopriremo prima o poi queste cose?

Eppure da tanto tempo l’uomo parla e ragiona circa le percezioni che gli pare arrivino da fonti altre sia rispetto ai classici cinque sensi che alla razionalità. Mi viene in mente il romanzo che ci suggerì il bravo professore di idrodinamica all’università: Flatlandia di Abbott. Sfrutto questo ricordo per dire, con un’analogia simile, che se il materialismo ragiona sull’asse dei numeri reali, ammettere l’esistenza di enti metafisici equivale ad introdurre l’asse immaginario; così, quando i credenti dichiarano convinti che l’esistenza della radice di -1 porta a soluzioni credibili di molti problemi reali, alcuni atei razionalisti sorridono. Qualcuno¹ mi suggerisce giustamente che lo stesso concetto di numero reale, da tutti oggi accettato e studiato, in gioventù ha suscitato inquietudini presso gli esseri umani: considerando che i numeri pur non esistendo fisicamente (locuzione cara ai materialisti), come tutti gli enti matematici, godono di una presenza oserei dire essenziale alla Natura, anche a me viene da sorridere. Quando lo scienziato accosta il metro all'oggetto di misura, invoca e produce un ente metafisico. Comunque gli stessi materialisti spesso non considerano di ammettere già l'esistenza di elementi metafisici, ovviamente purché provengano dalla sola ragione. Per quale motivo essa deve essere unica e da sola a ipotizzare e teorizzare enti non fisici? Perché il percepible non può essere solo la parte reale dell’esistente indipendentemente dalla mente umana? Perché non ammettere che le cose, letteralmente, possano essere più complesse (pare che l'analogia funzioni bene) di quello che si pensa, soprattutto considerando quanti siano i quesiti che l'uomo non è ancora riuscito a chiudere? In questo senso ritengo più matura la posizione agnostica ed il suo scetticismo più vero. Eppure, considerando il volume verbale sviluppato in spazi dedicati in rete al razionalismo, mi sembra che la loro presenza sia insufficientemente rappresentata, pur sapendo che essi teorizzano poco.

Rileggendo, mi accorgo che a me stesso ho più posto quesiti che fornito risposte. Questa, in fondo, è cosa buona e giusta.

(1) NablaDue mi aiuta spesso a pensare.

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